BITUME

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Lo studio Progetto Prevenzione Tumori Professionali – Progetto Operativo Protezione Asfaltatori(PPTP-POPA) elaborato dalla Regione Lombardia, la cui attendibilità è largamente comprovata da numerose pubblicazioni, dimostra che gli addetti a opere di asfaltatura sono esposti a sostanze potenzialmente cancerogene (IPA). Anche se l’indagine dimostra che le esposizioni a cui sono soggetti i lavoratori sono ampiamente al di sotto dei valori limite TLV-TWA proposti da associazioni ed enti scientifici internazionali,tuttavia tale condizione non esclude la pericolosità delle lavorazioni ai fini della cancerogenicità. Le misurazioni sono state condotte su lavoratori che operano in campo aperto in condizioni standard (alta pressione, bava di vento a direzione variabile, umidità relativa intorno al 50%) e hanno tenuto conto sia degli IPA liberati dal conglomerato bituminoso a temperatura di lavorazione (fumi di bitume) sia di quelli prodotti dai motori diesel (gas di scarico).   Un’attenta lettura dei risultati evidenzia che i valori di esposizione sono simili per le diverse tipologie di mansioni (addetti alla produzione, addetti alla vibrofinitrice, addetti al rullo, autisti e asfaltatori manuali) e che il rischio per la salute legato all’esposizione a IPA nelle opere di asfaltatura, nelle condizioni operative standard (di cui sopra), risulta essere poco significativo. In particolare, per quanto riguarda la possibilità di effetti sulla salute legati agli IPA, lo studio stesso sottolinea che i livelli espositivi nelle opere di asfaltatura appaiono del tutto paragonabili a quelli riscontrabili in aree metropolitane. Resta inteso che in situazioni diverse da quelle considerate (come ad esempio per lavori in galleria) occorre prevedere l’eventuale utilizzo di opportuni sistemi di aspirazione e/o ventilazione forzata e di idonei DPI. Lo studio citato afferma che in genere non sono realizzati i presupposti per l’istituzione di una sorveglianza sanitaria mirata al rischio cancerogeno, fermo restando il parere del medico competente sull’opportunità di effettuare tale sorveglianza e gli eventuali esami clinici necessari. Lo studio, inoltre, consiglia di effettuare un monitoraggio biologico con cadenza annuale e comunque non oltre i tre anni, finalizzato all’individuazione dell’1-idrossipirene nell’urina, che è una sostanza non cancerogena ma discretamente rappresentativa dell’esposizione globale.

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