Dlgs 81, Sicurezza ASD

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  • Tanto premesso, può concludersi che, nel caso in cui gli enti in questione abbiano dipendenti o sportivi professionisti dipendenti, è pacifica l’applicazione delle norme generali a tutela della salute e sicurezza sul lavoro, mentre, in base al tenore letterale del combinato disposto degli artt. 61 del citato D.Lgs. n. 276/2003 e 3, comma 7, del D.Lgs. n. 81/2008, è prevista una deroga alla generale applicabilità delle stesse nel caso di lavoratori con contratto di lavoro a progetto che prestano la propria attività lavorativa nei locali del committente.Infatti il citato art. 3 comma 7, nel prevedere l’applicabilità delle norme antinfortunistiche ai lavoratori a progetto di cui sopra, rimanda, per la definizione degli stessi, all’art. 61 del D.Lgs. n. 276/2003, che espressamente esclude dal campo di applicazione della disciplina relativa ai lavoratori a progetto, fra gli altri, “i rapporti e le attività di collaborazione coordinata e continuativa comunque rese e utilizzate a fini istituzionali in favore di associazioni e società sportive dilettantistiche (..) come individuate e disciplinate dall’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289”, salva comunque l’applicazione di clausole di contratto individuale o di accordo collettivo più favorevoli per il collaboratore.Per tali lavoratori si esclude, altresì, l’equiparazione ai volontari di cui alla legge 266 del 1991, per i quali è previsto uno speciale regime dal comma 12 bis dell’art. 3, del D.Lgs. n. 81/2008, equiparazione possibile unicamente se la associazione rientra, in base allo statuto e all’atto costituivo, fra quelle di volontariato di cui alla citata legge. Si può infatti ritenere che la già citata classificazione dei compensi percepiti per le prestazioni rese in tale ambito fra i redditi diversi ad opera dell’art. 67, comma 1, lett. m) del Testo Unico del 22/12/1986 n. 917 (T.U.I.R.), come redditi diversi da quelli lavorativi operi unicamente a fini fiscali, dal momento che gli stessi si sostanziano in compensi dovuti a vere e proprie prestazioni lavorative, a meno che, come già esposto, non sia provata la natura volontaria della prestazione nel senso sopra specificato.Ciò è ulteriormente suffragato dalla equiparazione, pure sopra citata, a tali redditi di quelli derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale resi in favore di società o di associazioni sportive dilettantistiche, per le quali non vi è dubbio circa la natura lavorativa della prestazione.Stante quanto sopra, si ritiene che il regime applicabile nei casi suddetti sia quello previsto per i collaboratori coordinati e continuativi di cui all’art. 409 del codice di procedura civile anteriormente all’entrata in vigore del D. Lgs. n. 276/2003, e cioè quello previsto per i lavoratori autonomi di cui all’articolo 2222 del codice civile, per i quali l’art. 3, comma 11, del D.Lgs. n. 81/2008 dispone l’applicazione degli articoli 21 e 26 del medesimo testo normativo.Al riguardo appare comunque opportuno puntualizzare come si applichino, in materia, i principi generali di cui agli articoli 2043 e 2051 c.c., che impongono al responsabile dell’impianto o dell’associazione sportiva dilettantistica che di esso abbia la disponibilità – da individuare secondo la normativa di settore che regola la materia – di predisporre adeguate misure di tutela nei confronti di chi venga chiamato ad operare nell’ambito delle attività di riferimento della associazione sportiva dilettantistica e che, pertanto ne sanciscono la responsabilità secondo i principi comuni della responsabilità civile e penale nel caso di danni causati a terzi da cose in disponibilità.Occorre, in ogni caso, sottolineare la competenza legislativa concorrente attribuita dall’art. 117 della Costituzione alle Regioni in materia di ordinamento sportivo, tutela della salute e sicurezza del lavoro. Pertanto, occorrerà tenere presente anche le normative regionali eventualmente emanate in materia.
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