Linee guida per la valutazione del rischio da esposizione ad Agenti Chimici Pericolosi e ad Agenti Cancerogeni e Mutageni

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L’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, è un Ente pubblico di ricerca, dotato di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia tecnico-scientifica, organizzativa, finanziaria,gestionale, patrimoniale e contabile.nnL’ISPRA è l’istituto tecnico-scientifico di cui si avvale il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, e svolge attività di ricerca, consulenza strategica, assistenza tecnico-scientifica, sperimentazione e controllo, conoscitiva, di monitoraggio e valutazione, nonché di informazione e formazione, anche postuniversitaria,in materia ambientale, con riferimento alla tutela delle acque, alla difesa dell’ambiente atmosferico, del suolo, del sottosuolo, della biodiversità marina e terrestre e delle rispettive colture, nonché alla tutela della natura e della fauna omeoterma, esercitando le funzioni già di competenza dell’APAT1, dell’ICRAM2 e dell’INFS3. nnCon riferimento a queste attività l’Istituto promuove lo sviluppo del sistema nazionale delle Agenzie (ARPA-APPA) e dei controlli in materia ambientale di cui cura il coordinamento, garantendo il rispetto degli obiettivi di qualità e di convalida dei dati anche con l’adozione di linee guida come questa.nnIl Centro Interagenziale “Igiene e Sicurezza del Lavoro” (CI) invece, è stato istituito nel 2004 e si propone come polo di servizi specialistico a favore del Sistema Agenziale, dotato di risorse autonome, umane ed economiche,finalizzato alla promozione ed al miglioramento continuo del Sistema Agenziale in tema di igiene e sicurezza sul lavoro.nnNell’ambito delle attività del Centro Interagenziale è stato avviato nel marzo del 2005 un tavolo di lavoro denominato“Rischio Chimico” con la finalità di affrontare il problema legato ad uno dei rischi considerato preponderante all’interno dei laboratori di analisi Sistema Agenziale: il Rischio Chimico, ossia il rischio legato alla detenzione e manipolazione di prodotti chimici e relativo all’esposizione di un lavoratore ad una sostanza o ad una miscela pericolosa.nnIl rischio dovuto all’esposizione sostanze chimiche pericolose nei laboratori, costituisce un elemento di forte criticità nell’ambito del processo più generale della valutazione dei rischi lavorativi a cui il datore di lavoro deve adempiere.nnI laboratori chimici rappresentano realtà lavorative nelle quali si utilizza un elevato numero di sostanze chimiche pericolose per la salute e per la sicurezza, in quantità generalmente ridotte, dalle caratteristiche tossicologiche più disparate, in quantità molto piccole e per tempi d’esposizione molto brevi. nnPotrebbero costituire un’eccezione i solventi organici che sono presenti, a volte, in quantità significative.nnLa presenza di sostanze chimiche pericolose è intrinseca al tipo di attività, nella maggior parte dei casi non è possibile eliminarle o sostituirle con sostanze meno pericolose e non sempre sono completamente noti gli effetti sulla salute delle sostanze pericolose utilizzate. Alcune di esse possono anche formarsi come prodotti secondari dalle più diverse reazioni impiegate nei metodi analitici utilizzati e seppur non rientrando nei reagenti chimici utilizzati, devono essere comunque essere valutate.nnSebbene l’indirizzo sia quello dell’utilizzo di metodiche analitiche standardizzate in conformità alle prescrizioni della norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025 “requisiti generali per la competenza dei laboratori di prova e taratura”,la modifica in tempo reale delle tecniche e delle metodiche analitiche utilizzate, costituisce una peculiarità di questa attività lavorativa, per cui le modifiche possono intervenire anche nel corso dell’analisi stessa.nnL’autonomia del personale di laboratorio nel gestire il metodo analitico, spesso non si associa a scelte di prevenzione e protezione dei rischi chimici, che necessitano di un tempo precedente di valutazione e programmazione.nnInoltre, in questi ultimi anni, nel settore, si è diffusa la presenza di forme di lavoro differenti da quelle a tempo indeterminato quali:nnborse di studio, volontariato, contratti di collaborazione saltuaria, coordinata e continuativa,che determinano un elevato turnover di personale con estrema difficoltà di gestire e pianificare, per le attività di laboratorio, la prevenzione e la protezione all’interno del metodo analitico.nnDove queste forme di lavoro sono presenti in misura rilevante, sebbene il personale di laboratorio sia, nella maggior parte dei casi, esperto e altamente qualificato, con un curriculum di studi adeguato per l’attività da svolgere, esiste talvolta una oggettiva difficoltà per lo sviluppo di una corretta organizzazione del lavoro in tema di sicurezza.nnDei modelli organizzativi e di gestione tratta anche il decreto legislativo del 9 aprile 2008, n. 81 sulla Sicurezza sul Lavoro, che in materia di rischio chimico, al Titolo IX, richiama gli stessi principi già espressi al Titolo VII e Titolo VII bis del precedente D.Lgs. 626/1994 e definisce i criteri per una corretta valutazione del rischio chimico che devono essere adottati.nnEssi valgono per qualunque strumento utilizzato per la valutazione del rischio chimico siano esse misure (ambientali o personali di inquinanti), stime predittive del rischio o modelli di calcolo matematici (algoritmi).nnPerò la normativa non fornisce ancora indicazioni sulla metodologia da utilizzare, e nelle attività dei laboratori di analisi delle Agenzie Ambientali, la diversità e le molteplicità delle sostanze utilizzate, la ridotta quantità delle stesse e la complessità dei metodi e delle prove in cui vengono utilizzate, non consentono sempre una immediata definizione del livello di esposizione degli operatori. Queste modalità operative finiscono col rendere critica la misurazione ambientale dei contaminanti potenzialmente presenti in quanto il campionamento potrebbe non rispondere ai criteri di rappresentatività e significatività richiesti.nnPer questo l’utilizzo di metodi matematici per la stima del rischio, se ben calibrati sull’attività da valutare, possono risultare più adeguati per la valutazione del rischio richiesta dalla normativa.nnL’idea di questa “Linea Guida” nasce da tutte queste cose e dal desiderio di offrire il “nostro” supporto qualificato (fatto di cento anni di storia dei nostri laboratori) a chi cerca di trovare le risposte a tutti questi quesiti e dalla sentita esigenza di fornire un utile e pratico strumento di lavoro, una guida di riferimento agli operatori di settore, ai tecnici della sicurezza, ai professionisti, e in generale a tutti coloro i quali si occupano di prevenzione ed educazione alla sicurezza con particolare riguardo alle attività di laboratorio dove sono utilizzatiagenti chimici.nnAbbiamo, per questo, voluto fornire due modelli matematici di valutazione del rischio (livello di esposizione);nnuno riferito agli agenti chimici pericolosi e l’altro agli agenti cancerogeni e mutageni. I modelli matematici proposti si basano sul confronto degli elementi che determinano il rischio con tutti gli aspetti utilizzati per contenerlo, rispondendo ai requisiti delle leggi vigenti in materia e risultando alternativi ma anche complementari alle misure ambientali e biologiche.nnQuesta “Linea Guida per la Valutazione del Rischio Chimico, Cancerogeno e Mutageno nei Laboratori delle Agenzie Ambientali” è il frutto di un lavoro di confronto e ricerca sviluppato all’interno del Tavolo di Lavoro del progetto “Rischio Chimico” costituito dai Responsabili e Addetti dei Servizi di Prevenzione e Protezione di ARPA Sicilia (Agenzia che ha coordinato le attività), ARPA Basilicata, ARPA Liguria, ARPA Emilia Romagna,ARPA Piemonte, ARPA Campania, ISPRA e in precedenza anche di ARPA Marche.nnLa prima parte dell’attività è consistita nella comparazione dei criteri e delle valutazioni fornite dal Sistema Agenziale Italiano confrontandole con altri documenti di realtà analoghe italiane ed europee con la finalità di stimolare confronti e dialoghi sulle soluzioni adottate, costruire ed alimentare indicatori per la definizione di standard operativi di riferimento per rendere coerente ed efficace la valutazione del rischio chimico.nnÈ stato organizzato anche un workstage con i rappresentanti della Scottish Environmental Protection Agency (SEPA) ad Edimburgo (UK). L’incontro è stato organizzato con l’obiettivo di confrontarsi sulla metodologia di valutazione del rischio chimico e sulla gestione del rischio residuo. “Health and Safety Management” approcci a volte differenti per gli stessi obiettivi.nnIl presente documento rappresenta un ampliamento ed un approfondimento della linea guida prodotta negli anni passati nella prima edizione, e ha subito l’aggiornamento necessario per adeguarla alle modifiche normative fin qui introdotte e all’evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche in materia.nnCon questo documento, abbiamo voluto definire una metodologia per la valutazione del rischio chimico,chiara, basata su indicatori che tengono pragmaticamente conto di tutte le problematiche legate alla valutazione dei rischi da sostanze pericolose non riferiti esclusivamente all’agente chimico ma tenendo conto anche degli effetti del rischio sull’individuo esposto.nnMa poiché siamo convinti che l’informazione e la formazione siano l’elemento fondamentale per la prevenzione in materia di sicurezza, si è ritenuto utile raccogliere in questa linea guida anche quelle notizie riguardanti i tanti temi in questione ancora aperti e quei principi di buona pratica utili per le attività che normalmente vengono svolte nei laboratori chimici e microbiologici del sistema delle Agenzie Ambientali italiane.nnUn altro obiettivo che ci piacerebbe raggiungere è fare sì che tali indicazioni, ordinate per argomento, diventino un primo strumento di attuazione delle norme di sicurezza a disposizione di tutti gli operatori che svolgono la propria attività all’interno di un laboratorio chimico.nnLa linea guida raccoglie infatti alcune fra le più comuni situazioni di rischio cui possono essere esposti gli operatori di un laboratorio chimico, le relative misure di prevenzione e protezione e le norme di comportamento da adottare, nella intenzione di riuscire a coniugare il “comportamento sicuro” da tenere all’interno dei laboratori,con la pratica, l’esperienza e la professionalità del singolo operatore.nnL’attività degli operatori dei laboratori è un’attività impegnativa, che richiede una attenzione ed una concentrazione costante.nnProporre in maniera schematica, quasi al limite della banalità, quelle essenziali regole pratiche dalle quali non si può prescindere se si vuole lavorare in sicurezza, può servire per richiamare l’attenzione anche su quegli aspetti che, a causa della dimestichezza e della confidenza del proprio lavoro, spesso si tende a sottovalutare o a dare per scontati.nnÈ nostra convinzione infatti che soltanto un comportamento idoneo del personale possa ridurre in maniera sensibilennil rischio di eventi infortunistici all’interno dei laboratori, ed è idoneo quel comportamento che, rispettando le più elementari norme di sicurezza, permette di lavorare con la massima tranquillità senza sottovalutare qualsiasi potenziale fonte di rischio.

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